loader image

Quando il bambino gioca, sta facendo il suo lavoro: dedicandosi con impegno e attenzione a un compito, infatti, sviluppa e affina competenze che gli saranno utili durante tutto il corso della vita.

Maria Montessori chiamava l’attività del bambino “lavoro” piuttosto che “gioco”.

Si tratta di un tema complesso da affrontare con i genitori, che spesso associano il lavoro al “dovere”, al “sacrificio” e alla “pesantezza”, quando in realtà il significato che ne dava la pedagogista era ben diverso. Maria Montessori, infatti, collegava il termine “lavoro” alle sue inerenti dimensioni di impegno, importanza e serietà. Il gioco, al contrario, contiene già nel nome il concetto opposto: deriva dal latino iŏcus, che significa scherzo o burla.

Per questo motivo, in modo quasi provocatorio, le attività che vengono proposte ai bambini, o che loro organizzano in autonomia, sono definibili come lavoro, ovvero attività serie e importanti che consentono l’affinamento o la conquista di competenze e abilità.

Come si riconosce un bambino al lavoro? È molto semplice: se lo si osserva svolgere un’azione qualsiasi in maniera rilassata, muovendosi con ordine e con lo sguardo serio e concentrato, molto probabilmente sta lavorando. Se invece agisce in modo disordinato, maltratta gli oggetti e si distrae facilmente, forse non è al lavoro e ha bisogno di essere aiutato nella ricerca di un’attività costruttiva in cui investire le sue energie. In questo caso, proporre un’altra occupazione può essere un’ottima iniziativa.

Non è possibile insegnare a concentrarsi, ma si può favorire l’attenzione quando questa sorge in modo autentico: l’interesse genera la concentrazione, e in uno stato di concentrazione ha luogo l’apprendimento.

A questo punto qualcuno potrebbe obiettare che non sempre è possibile permettere ai bambini di concludere ciò che stanno facendo: ad esempio quando è ora di uscire o quando è tempo di andare a dormire. Questo è vero, e in tal caso è necessario chiedere al bambino di collaborare, rinunciando a completare i propri progetti o quantomeno accettando di interromperli. Ma in molte occasioni tale intervento può essere evitato o posticipato, ed è proprio in queste circostanze che i grandi possono scegliere di stare dalla parte dei bambini e adattarsi ai loro ritmi e ai bisogni profondi di scoperta e crescita.