La riluttanza del bambino a mangiare o provare nuovi alimenti, in particolare frutta e verdura, è soprattutto di natura genetica. Ai tempi dei nostri progenitori, migliaia di anni fa, non volersi avvicinare a cibi nuovi o a vegetali colorati era infatti un istinto utile al bambino, che in questo modo evitava di assaggiare frutti, bacche o radici potenzialmente velenose. Oggi, con il profondo cambiamento dell’ambiente in cui viviamo, questo atteggiamento potrebbe avere invece un effetto nocivo perché favorisce l’esclusione di alimenti a elevata qualità nutritiva.
Possiamo dire che una dieta ricca di sapori durante la gravidanza è una buona cosa e che non esiste un “sapore cattivo” del latte, ma tanti sapori quanti sono i cibi che la mamma mangia. Non ci sono quindi, durante la gravidanza e l’allattamento, alimenti da evitare per via del loro gusto. Anzi, se la mamma che allatta mangia cibi con un sapore particolare, per esempio la carota, quando il bambino inizierà ad assaggiare gli alimenti solidi, durante il periodo dell’alimentazione complementare, preferirà proprio la carota, che ha conosciuto durante le poppate.
L’allattamento al seno è una scuola di educazione al gusto, e il miglior modo per iniziare i propri figli alle verdure, dunque, è esserne le prime consumatrici.
La cosa più importante è non cercare di convincere il bambino, non offrirgli il cibo in modo esplicito ad esempio dicendo: «È buono, mangialo!». In questo modo il bambino tenderà a insistere nel rifiuto. Uno studio inglese ha rivelato che il modo migliore per far mangiare un bambino è metterlo seduto a tavola con i genitori e far sì che possa servirsi liberamente dei cibi che ha di fronte. Ciò che è importante, inoltre, non è sapere quanto cibo mangerà (questa, ricordiamoci, è una responsabilità del bambino), ma scegliere la qualità degli alimenti. A ogni pasto, quindi, il piccolo dovrà trovare in tavola frutta e verdura disponibili per tutti e osserverà i genitori che se ne serviranno regolarmente. Se noi adulti ci alimentiamo bene, saremo degli ottimi modelli per nostro figlio.
In un esperimento, a un gruppo di bambini di una scuola dell’infanzia venne chiesto ripetutamente di finire di mangiare, mentre a un secondo gruppo non fu fatta alcuna pressione. Alla fine del pasto, i bambini forzati a terminare la minestra di verdure avevano mangiato meno e raccontarono che il cibo non era buono, al contrario del gruppo che invece aveva mangiato liberamente.
Anche l’abitudine di rivolgere lodi o quella di offrire ricompense al bambino che finisce il cibo che ha nel piatto è fallimentare. Sono stati condotti numerosi studi su questo comportamento educativo, e i risultati, nella maggior parte dei casi, si sono rivelati negativi o sconfortanti. Perché? Perché se c’è di mezzo una ricompensa il cibo rischia di diventare soltanto il mezzo per arrivare al premio, e si annulla la possibilità di vivere lo stare a tavola come un’esperienza di piacere condivisa da tutta la famiglia. Ricompensare rischia anche di rimuovere le motivazioni interiori, intime, che spingono a fare qualcosa, sostituendole con altre esterne, al di fuori dei reali interessi del bambino.